Intervista ad una nonna: la mia. Guerre a confronto.

 

Classe 1925 mia nonna materna, ebbene sì!

Vive in un appartamento attaccato alla casa dei miei genitori dal 1980 quando essi hanno scelto la campagna per noi figli piuttosto che la vita di città.  Brandina e Richildo  ( lo so, nomi alquanto bizzarri) hanno dunque seguito quindi i miei genitori adattandosi abbastanza bene ( più lei che lui) alla vita lontana dalle loro montagne.

Già, perché le loro origini sono del nostro Appennino: Chiastre di Ravarano lei, Casaselvatica lui; luoghi per me insostituibili per riscoprire ricordi, aneddoti, avventure e personaggi che tanto hanno raccontato o che ancora possono farlo.

In questi giorni di “forzata clausura” non mi resta che telefonare a mia nonna, che possiede anch’essa un cellulare, sebbene non uno smartphone. Stamattina le telefono ed è andata così:

– ” Hey nonna, buongiorno!”

– ” Oh eccoti qui”

-” Cosa stai facendo? “

– ” Mah, sto lavando un po’ i pavimenti, tu?”

– ” Adesso sto chiamando te! A proposito, avrei una cosa da chiederti: ma cosa ne pensi di quello che sta succedendo? Non eri ancora nata quando c’è stata LA SPAGNOLA…”

Da qui parte il suo flash-back, il ricordo con mille sfaccettature, con fatti che anche lei stessa ha sentito raccontare e che ancora vivamente tiene a memoria, oltre le sue rievocazioni personali, quelle da lei vissute in prima persona.

-” Eh, LA SPAGNOLA probabilmente è stata portata dalla prima guerra e anche da noi su a Chiastre ha fatto tanti morti. Mio nonno ha perso moglie e figlia nel giro di una settimana una dall’altra. Pensa che era andato a Berceto (ovviamente a piedi) a denunciare la scomparsa della moglie, che era mia nonna; quando è tornato indietro gli hanno detto che nel frattempo era deceduta anche la figlia di diciotto anni, che era mia zia. Mia mamma è stata fortunata e non l’ha presa.  Devo dire che anche dopo siamo stati piuttosto fortunati, durante la seconda guerra mondiale.

Io prestavo servizio presso una famiglia a Calestano, i Magri, era il 1943 ed avevo diciotto anni. Avevo una bicicletta e mi trovavo nei pressi di Casa di Saia, lì da noi e stavo per andare verso Calestano. Vedo arrivare un camioncino di tedeschi che sale verso il paese e allora decido di salire anch’io e li seguo. Entrano in casa, dove c’era mia mamma che aveva una specie di cassapanca in cui riponeva canovacci ed altre cose.

Un tedesco giovane apre la cassapanca dove poca tempo prima mia mamma aveva messo delle pere, me le ricordo quelle pere, erano belle grandi! Il soldato non guarda cosa contiene la cassapanca ma prende una pera e comincia a mangiarla di gusto. Poi esce ed io decido di seguirlo verso l’aia.

Lì c’erano Pino e Gianni che erano piccoli ai quali il soldato offre caramelle e mi è sembrato di capire che lo ha fatto perché forse, chissà, aveva figli anche lui…

C’era anche la Pepa nell’aia che aveva un granaio dove c’era nascosto un fucile da caccia. Impaurita lancia il fucile giù dalla finestra ed un soldato che era là sotto se lo ritrova praticamente in mano! Era arrabbiata la Pepa perché pensava al fratello che era in guerra e continuava a urlare un po’ verso il soldato. Io lo guardo e gli faccio il gesto per fargli capire che questa donna era un po’ matta.

Hanno fatto il giro delle case ma non è successo niente e se ne sono andati. Probabilmente cercavano la strada per arrivare sul Monte Scarabello dove un loro aereo era caduto qualche giorno prima.”

Ascolto e prendo appunti su dei foglietti volanti che ho qui a portata di mano. Poi prosegue:

-” Diciamo che a Chiastre ci è sempre andata bene: un grande masso ha impedito ai soldati di arrivare con le camionette fino da noi, altrimenti non so cosa sarebbe potuto succedere. Forse come a Calestano, dove tanta gente è stata portata via di tutto, anche della vita stessa. Per fortuna mi trovavo a casa e non ero a servizio anche quella sera d’estate sempre del 1943 dove hanno fatto razzie, ucciso, violentato. Ho fatto passare la bufera e sono tornata giù dai miei padroni dopo tanti giorni. Volevo andarli a trovare. La Clementina mi dice che non avevano più nemmeno una mucca di quelle che io curavo, né la cavallina né i muli, aggiungendo anche di essere contenta per me che durante tutto quel caos ero a casa mia. Mi ha fatto vedere che la sola botte di vino che anch’io ricordavo avessero era stata trivellata con la baionetta e dopo aver bevuto hanno lasciato che il vino scorresse ovunque. Non era rimasto nulla, a loro non servivo più e sono ritornata a casa.”

-” Sai nonna che sto scrivendo appunti perché voglio fare proprio una specie di racconto su quel che hai vissuto tu e quello che adesso noi stiamo vivendo in quella che sembra proprio una guerra senza armi fatta di divieti, mancanza di libertà, al pari forse di quel che hai vissuto tu?  Che ne pensi?”

-” Certo è anche questa una guerra ma, a differenza di prima, oggi forse manca quell’aiuto reciproco, quel capirsi di più gli uni verso gli altri che una volta c’è stato”

-” Bene, Signora Ablondi…. Grazie per questa bella ed interessante intervista, adesso la scrivo”

-” Ahahah (ride). Prego, prego. Adésa a torni a lavèr i me paviment” (adesso torno a lavare i miei pavimenti)

 

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